INTRODUZIONE
Chi ha vissuto negli anni ’60 – ’70 ricorda il Bulova Accutron come “l’orologio dell’era spaziale”: fu una grande innovazione, il primo movimento elettronico, ed il primo senza bilanciere, caratterizzato anche dal tipico sibilo del diapason che vibrava a 360 Hz (il motto era: "it doesn't tick, it hums", non ticchetta, ma ronza)
Se la sua realizzazione fu merito della tecnologia USA (e, forse, soprattutto dei loro quattrini), l’invenzione è dovuta al genio di un ingegnere svizzero, Max Hetzel, che progettò anche successive evoluzioni del movimento a diapason, come l’Omega F 720 Megasonic ed il "Swissonic", con un curioso diapason a forma circolare (che, sebbene prodotto in una preserie di 3.000 pezzi, non raggiunse mai la commercializzazione - si veda: "i vari calibri - E) - diapason - 1ter)")
L’Accutron rimane comunque il più noto, se non altro per la sua longevità (1960-1977) e la grande diffusione: di fronte agli almeno 5 milioni di esemplari prodotti - nei vari calibri (ai quali si deve aggiungere almeno un altro milione di movimenti costruiti su licenza dalla Citizen per gli "Hisonic") certamente non può competere il Megasonic con i suoi 43.000 pezzi totali - sebbene sia il movimento a diapason più
affascinante per l'originalissima tecnica costruttiva, e pure il più preciso ("i vari calibri - E) - diapason - 3)")
Ma andiamo per ordine:
furono sempre gli americani (Hamilton) a commercializzare il primo orologio da polso elettrico: era il 1957 ed il Ventura fece furore, anche per la sua linea “moderna” (come si diceva una volta), frutto del design di Richard Arbib (1) - unita al fatto che, per la prima volta nella storia dell’orologeria, si poteva indossare un segnatempo che prometteva una precisione decisamente superiore a quelli meccanici, e non aveva bisogno di essere caricato
Il Ventura venne proposto solamente con cassa in oro (14 Kt) al prezzo di 200 Dollari, non poco per allora (2)
gli Hamilton elettrici (proposti in numerosi modelli di varie forme) ebbero tutti dei disegni avveniristici, divennero di gran moda, furono indossati dai divi dell’epoca come Presley (che, nel film “Blue Hawaii” del 1961, sfoggiò un Ventura – si dice fosse suo personale) e rappresentano la prima pietra miliare nella storia dell’orologio elettrico -sebbene anche questi non siano stati tantissimi come volume di pezzi prodotti, circa 42.000 fra il calibro 500 ed il 505 (dei quali, secondo alcune fonti, poco meno di 12.000 del solo Ventura nelle diverse versioni)
Gli Hamilton elettrici furono un grande successo d'immagine e di moda, ma non sotto il profilo commerciale, anzi portarono in crisi l'azienda
Peraltro molti avranno presente il Ventura per le sue riedizioni (in diversi modelli, con movimento automatico o al quarzo – tuttora sul mercato) e come “orologio ufficiale” dei “Men in Black” nelle omonime pellicole con Will Smith e Tommy Lee Jones … in fondo, un mito che non è mai tramontato
In Europa furono i Francesi della LIP a realizzare il primo movimento elettrico (nel 1958, cal. R 27), parallelamente ai Tedeschi della Epperlein (il cui movimento non riscosse grande successo per carenze tecniche), sviluppando poi nel 1962 il cal. R 148 che ebbe grande successo e diffusione (anche per le sue dimensioni compatte)
Nel frattempo gli Svizzeri avevano ribattuto con il Landeron 4750, splendidamente realizzato sotto il profilo tecnico, che, però, essendo costoso ed ingombrante, ebbe vita breve (un anno e mezzo circa dal 1961 al 1962, considerando anche le sue evoluzione cal. 4751 e 4760), in confronto, appunto al LIP R 148
Da citare anche la fugace apparizione dell’Elgin 722/725, sempre nel 1962 (simile al già superato LIP R 27)
Contemporaneamente si fecero luce anche i Tedeschi della Laco - che, acquistata dalla Timex, riuscì a produrre grossi volumi a basso costo, così come la UMF Ruhla a partire dal 1964
Nel 1966 comparvero i movimenti della Seiko, ma non so - per allora - con quali effettive conseguenze sui mercati occidentali (la produzione totale dei primi modelli - con il calibro 3100 - fu di 13.400 pezzi in totale; le serie successive di più ampia diffusione - con i movimenti delle "famiglie" 3200 e 3300 - sono del 1972)
Il 1967 fu l’anno in cui comparvero due movimenti che avrebbero contribuito alla diffusione degli orologi elettrici, anche per la loro maggior precisione rispetto ai precedenti; erano entrambi basati sul sistema elettronico a bilanciere controllato da transistor brevettato da Léon Hatot (la cui impresa – ATO – aveva già prodotto in gran numero movimenti da tavolo e da parete): parliamo dello Junghans 600 e, soprattutto, dell’ESA Dynotron cal. 9150 (che, soprattutto nelle sue successive evoluzioni, venne prodotto in grandi numeri)
Lo stesso anno comparve il Citizen X-8 (ancora un elettronico a bilanciere controllato da transistor - nella foto qui sotto uno dei movimenti più diffusi, almeno in quegli anni, il calibro 4840 del 1970) e, sul fronte europeo, fu presentata la versione svizzera dal movimento a diapason, il MOSABA (MOuvement SAns BAlancier) sviluppato dalla ESA, presso la quale si era nel frattempo accasato il nostro Max Hetzel
per problemi relativi alle licenze di brevetto con la Bulova (le somiglianze con l’Accutron erano notevoli e, soprattutto, la circuitazione era praticamente identica) fu possibile immetterlo sul mercato solo due anni più tardi
Nel 1969 cessa la produzione del calibro 505 della Hamilton, che si “converte” al Dynotron – il quale, nel frattempo, era passato alla sua prima evoluzione (cal. 9154), e, quindi, troviamo contemporaneamente sul mercato:
- l’inossidabile Bulova Accutron
- il LIP 148
- il Laco-Timex
- l’ESA Dynotron cal. 9154
- il MOSABA ESA cal. 9162
- il Seiko serie 3000
- il Citizen X-8 Cosmotron
unitamente alla comparsa del Porta-PUW cal. 1000
E siamo oramai prossimi all’avvento dei movimenti al quarzo: secondo le maggiori fonti fu possibile realizzarne di sufficientemente piccoli per essere incassati in un orologio da polso quando la INTEL creò il primo microprocessore con la funzione di 2250 transistor (4) in un singolo chip di silicio (in sé e per sé il movimento al quarzo era già stato creato fin dagli anni '30 -quando i circuiti elettronici erano ancora a valvole ... anzi il primissimo fu della Bell Telephone Laboratories, nel 1927)
Nella corsa al quarzo il primato spetta alla Seiko, che riuscì a produrre una pre-serie limitata (cal. 3500) alla fine del 1969 ed una prima serie (cal. 3502) all’inizio del 1970, mentre fu solo alla Fiera di Basilea del 5 Aprile di quell’anno che furono presentati:
- il cal. 6512 della Longines (“Ultraquartz")
- il Bulova “Accuquartz”calibro 224
- l’Hamilton “Pulsar” (con display a LED)
(questi tre commercializzati dall’anno successivo)
- il cal. 350 di Girard-Perregaux (in collaborazione con Jaeger-Le Coultre)
(sul mercato dal 1972)
- il “Beta 21” di CEH (3), di fatto il primo ad essere montato dalle principali Case svizzere - anche nella successiva evoluzione detta “Beta 22” (5)
La moda degli orologi al quarzo fu dirompente: nonostante il loro costo (6) - ed il volume decisamente ingombrante dei primi modelli (per esempio l’Omega F 8192 Hz, nella versione in oro con bracciale, pesava ca. 220 grammi - come un odierno Daytona) divennero un “must”, non solo per la novità, ma, anche e soprattutto, perché promettevano un’esattezza mai vista prima, nell’ambito di pochi secondi al mese, al confronto, per esempio, dello scarto di 1-2 secondi al giorno garantiti dal pur molto preciso MOSABA
Quindi, fra il 1970 ed il 1972 cominciò l’era del quarzo, ed il mondo dell’orologeria non fu più come prima; proprio nel 1972, poi, fu realizzato il primo movimento al quarzo della ESA (cal. 9180), notevolmente meno costoso dei precedenti
A tale sconvolgimento tecnico si unì l’invasione di modelli accattivanti ed a buon prezzo provenienti dai produttori giapponesi, tanto che l’industria orologiera svizzera entrò in crisi, vedendo ridotta la propria fetta di mercato mondiale dal 50% a circa il 30%, perdendo oltre 40.000 posti di lavoro (e molti marchi storici anche di notevole rinomanza fino ad allora)
Il 1973 vide il canto del cigno per quanto riguarda gli orologi “elettrici”: la comparsa del calibro 1220-1230 della Omega, e cioè il Megasonic F 720, definito “Accutron killer” per la sua precisione decisamente maggiore rispetto al movimento a diapason americano (anche se … non ebbe realmente effetti letali: la Bulova ne continuò la produzione, come accennato più sopra, fino al 1977)
In ogni caso il tempo di quei movimenti è oramai passato - perlomeno quanto alla loro produzione, anche se il diapason, almeno come forma, si è presa la sua bella rivincita: è quella, infatti, la sagoma che è risultata più adatta per i quarzi abitualmente utilizzati come risonatori negli orologi più moderni ...
lo vedremo nel capitolo successivo
(1) progettista e designer americano, lavorò anche per la General Motors, ideando linee futuristiche, quasi "spaziali", come il progetto della Astra-Gnome, esposta al Metropolitan
vedi: https://www.youtube.com/watch?v=O55MEe95dcs
su Arbib si può consultare:
http://en.wikipedia.org/wiki/Richard_Arbib
(2) Fonte: Complete price guide to Watches (GW) - visto anche su di una pubblicità dell'epoca
(3) CEH, Centre Electronique Horloger, fondato nel 1962 a Neuchâtel dalle principali Maisons svizzere e con l’impulso della ESA, sotto l’egida della Fédération de l’Industrie Horlogère Suisse (FH), proprio per la ricerca e sviluppo del movimento elettronico al quarzo
(4) il chip di un moderno orologio al quarzo può contenere anche 100.000 componenti
(5) secondo alcune fonti i modelli presentati alla Fiera di Basilea sarebbero stati 18, ma di 12 solamente sono "sopravvissuti" degli esemplari - vedi la pagina:
http://en.wikipedia.org/wiki/Omega_Electroquartz
[richiamata anche sotto "produttori-marchi/ Ω come Omega]
(6) I modelli basati sul Beta 21 di CEH, nell’Aprile 1970 (tutti, come si è visto, di grandi Maisons), erano offerti - in media - a circa 20.000 Franchi Svizzeri, corrispondenti, all’epoca, a ca. 4.645 Dollari americani - quasi 3 milioni delle nostre Lire di allora
facendo due ricerche: nel 1970 un operaio guadagnava in media 120.000 Lire, il giornale costava 70 Lire – così come un biglietto del tram ed una tazzina di caffè; ho anche trovato un numero di “Quattroruote” proprio dell'Aprile '70, con un articolo sulla Fiat 124 Sport Coupé - già una gran bella macchina, con motore 1600: il listino, “franco filiale”, era di Lire 1.792.500.
l'anno successivo sarebbe uscita la 127 al prezzo base di 920.000 Lire
per confronto, il prezzo del Seiko “Astron” 35 SQ alla data del lancio sul mercato (Natale 1969) era di 450.000 yen, ca. 1.250 Dollari (*) – e per i modelli successivi, già nel 1971, scese a 150.000 yen … questo può dare un’idea della “spietata” concorrenza che si ebbe in quegli anni
sulla “crisi del quarzo” si può leggere ad esempio:
http://en.wikipedia.org/wiki/Quartz_crisis
il sito ufficiale della FH è:
http://www.fhs.ch/en/links.php
(*) una cifra comunque elevata, almeno per il mercato interno giapponese, corrispondendo al prezzo di un'auto di media cilindrata
a proposito dello sviluppo dei movimenti al quarzo della SEIKO:
http://forums.watchuseek.com/f9/almost-start-seiko-quartz-watch-history-160408.html
In un'immagine i periodi di produzione dei movimenti elettrici di fronte all'inesorabile avanzata di quelli al quarzo ... fino alla loro estinzione ...
OROLOGI ELETTRICI - SCHEMA STORICO
P.S. Avete mai letto il romanzo la “Guida Galattica per autostoppisti” (The Hitchhiker's Guide to the Galaxy) di Douglas Adams? Se non amate la science fiction, saltate direttamente ad un’altra pagina. Se invece vi piace, e non l’avete letto (o, magari l’avete letto tempo fa e non lo ricordate) vi riporto qui sotto l’incipit
bizzarro, ironico ed irridente come tutte le opere di Adams, nacque come programma radiofonico per la BBC nel 1978 e venne pubblicato nel 1979 (seguìto poi da altri quattro romanzi della stessa “serie”): guarda guarda, il suo humour prende di mira una “mania” di quegli anni…
“Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro–verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione.
Questo pianeta ha, o meglio aveva, un fondamentale problema: la maggior parte dei suoi abitanti erano infatti afflitti da una quasi costante infelicità. Per risolvere il problema di questa infelicità furono suggerite varie proposte, ma queste per lo più concernevano lo scambio continuo di pezzetti di carta verde, un fatto indubbiamente strano, visto che ad essere infelici non erano i pezzetti di carta verde, ma gli abitanti del pianeta. E così il problema restava inalterato: quasi tutti si sentivano tristi e infelici, perfino quelli che avevano gli orologi digitali.”
Douglas Adams (Cambridge, 11/3/1952 – Santa Barbara, 11/5/2001) è pubblicato da Mondadori.